Conti correnti, immobili e redditi della famiglia. Sono queste le tre principali voci che dovrebbero comparire automaticamente nel sistema dell’Isee precompilato, al debutto tra 50 giorni, il 1° gennaio 2020. In pratica, chi avrà bisogno di ottenere l’indicatore della situazione economica per ottenere ad esempio uno sconto sulle tasse universitarie o sulla retta dell’asilo nido, potrà collegarsi al sito Inps e arrivare al calcolo in modalità fai da te, senza rivolgersi a un Caf, come succede già dal 2015 per la dichiarazione fiscale. Solo il 13% dei modelli 730 – 2,7 milioni su 20 – arrivano in realtà all’agenzia delle Entrate in questa modalità, ma è una percentuale in crescita negli ultimi anni.

«Si passerà dal sistema attuale – spiega Raffaele Tangorra, direttore generale per la Lotta alla povertà e la programmazione sociale del ministero del Lavoro – quello di un Isee post-compilato, nel quale il cittadino dichiara una serie di dati e poi l’Inps li controlla e li completa, attingendo ai dati dell’agenzia delle Entrate, a un sistema nel quale l’Inps precompilerà direttamente la dichiarazione sostitutiva unica (la cioè la Dsu che serve a chiedere l’Isee, ndr), collaborando con la stessa Agenzia».

Da dove arrivano le informazioni
Per la Dsu precompilata saranno usate le informazioni disponibili nell’Anagrafe tributaria e nel Catasto, oltre a quelle su saldi e giacenze medie di conti e depositi del nucleo familiare comunicate da banche, Poste e intermediari finanziari all’anagrafe tributaria. I dati sui redditi saranno “pescati” dalle dichiarazioni fiscali e quindi – dato anche lo slittamento in avanti del termine per le dichiarazioni, negli ultimi anni – si farà riferimento ai redditi di due anni prima.

Chi avrà bisogno di una fotografia più aggiornata della propria situazione economica, ad esempio perché ha perso il lavoro, potrà richiedere un Isee corrente, riferito a un periodo di tempo più ravvicinato alla richiesta della prestazione agevolata (in questo caso, la durata dell’Isee sarà di sei mesi anziché di un anno).

L’identificazione del richiedente
Per accedere alla Dsu precompilata sono stati previsti alcuni paletti imposti dalla tutela della privacy. Innanzitutto, il richiedente dovrà identificarsi con Pin dispositivo Inps, Pin dell’agenzia delle Entrate o identità digitale Spid di livello 2 o superiore (cioè con nome utente, password e codice temporaneo di accesso).

Poiché l’Isee guarda ai redditi e ai patrimoni di tutti i componenti della famiglia, chi vuole accedere alla versione precompilata dell’indicatore dovrà dimostrare di conoscere già alcune informazioni “sensibili” sui familiari e inserirle nel sistema: si tratta di indicazioni precise sul reddito Irpef dichiarato e sui conti correnti, se possibile non cointestati con lo stesso dichiarante (per i dettagli delle informazioni richieste, si veda la grafica a fianco). Se il cittadino non sarà in grado di indicare i dati richiesti, per ciascuno dei componenti del nucleo, dovrà presentare la Dsu in modalità non precompilata ma “tradizionale”.

L’ITER PER OTTENERE LA FOTOGRAFIA DELLA SITUAZIONE ECONOMICA DELLA FAMIGLIA DAL 2020
L'ITER PER OTTENERE LA FOTOGRAFIA DELLA SITUAZIONE ECONOMICA DELLA FAMIGLIA DAL 2020

L’effetto emersione per conti e risparmi
La riforma dell’Isee ha introdotto dal 2015 la possibilità di usare nei controlli i dati comunicati dagli intermediari finanziari all’agenzia delle Entrate sui conti dei contribuenti. Questo ha fatto crollare dal 67% al 14% la quota di Dsu con patrimonio mobiliare nullo, cioè la quota di cittadini che dichiaravano, richiedendo l’Isee, di non avere né un conto corrente né altri risparmi (libretti di deposito, titoli, e così via). Questa percentuale aveva già cominciato a calare con l’annuncio della riforma, prima che le nuove regole entrassero a regime. Ma oggi la percentuale delle Dsu con patrimonio mobiliare nullo è appena del 4,3 per cento.

Anche la media del valore del patrimonio mobiliare di chi chiede l’Isee, raddoppiata nel passaggio dalle vecchie alle nuove regole (da 6.800 euro del 2014 a 14.800 euro del 2015), ha raggiunto nel 2017 (ultimo anno per il quale sono disponibili i dati) i 18.600 euro. Questa crescita, secondo il rapporto Isee del ministero del Lavoro, è «sostanzialmente dovuta a patrimoni precedentemente non dichiarati».

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